Per Telecom Italia la democrazia è un optional

Anche la nuova Telecom Italia non lascia spazio alla democrazia industriale.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-09-2003]

Telecom Italia, come si sa, non è esattamente la stessa azienda di prima dell'estate: è stata incorporata in Olivetti, che ha preso il nome di Telecom Italia, per cui è stato confermato il "vecchio" Consiglio di Amministrazione, con Tronchetti Provera e Ruggiero al vertice, che ha adottato un nuovo Statuto.

In questa trasformazione giuridica della compagine societaria di una delle più grande imprese italiane ed europee non si è presa in considerazione, nemmeno per un attimo, la possibilità di adottare una delle varianti previste dalla normativa europea: la possibilità, per esempio, di porre sopra il Consiglio di Amministrazione un Comitato di sorveglianza "alla tedesca" cioè, come in Germania, un'organismo di indirizzo e vigilanza composto in modo paritetico da rappresentanti degli azionisti e dei dipendenti di Telecom Italia che abbia voce in capitolo sulle scelte stategiche di fusione, acquisizioni, dismissioni, investimenti.

In Italia si guarda sempre alla Germania per imitarne le riforme che tagliano e riducono il Welfare (pensioni, sanità, ecc.) e non per importare meccanismi che aumentino e migliorino la democrazia industriale, cioè la partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese, intesa come maggiori responsabilità ma anche più potere.

Bisogna dire, per la verità, che nemmeno i sindacati di categoria Cgil-Cisl-Uil hanno osato rivendicare tanto e nemmeno il Ministro Gasparri che è competente per le Comunicazioni e che, spesso, annuncia la scomparsa della "golden share", cioè del diritto di veto del Governo sulle scelte strategiche di Telecom Italia, rimasta anche dopo la privatizzazione, ha mai pensato a niente del genere.

Bisogna anche dire che nemmeno nella Wind, fondata durante il governo di CentroSinista, e controllata integralmente dall'Enel che è a maggioranza di proprietà statale, e per diversi anni partecipata da Deutsche Telekom e da France Telecom, che hanno organismi come il Comitato di sorveglianza, si è mai pensato ad un'istituzione del genere.

Neanche nella Tiscali dell'"innovatore" Renato Soru, che sarà, molto probabilmente, il candidato della sinistra a Presidente della Regione Sardegna, si è mai pensato a cose del genere, nonostante la generosa distribuzione di azioni che Soru fece ai suoi dipendenti: associati al capitale di rischio va bene ma alle decisioni mai.

Senza arrivare al Comitato di sorveglianza, nello Statuto della nuova Telecom Italia avrebbero potuto essere previsti e codificati in modo chiaro i diritti dei lavoratori all'informazione e alla contrattazione sulle scelte dell'azienda che abbia ricadute importanti sull'occupazione, come, d'altra parte, prevede il modello di società europea della normativa UE.

Questi diritti sono previsti dal Contratto nazionale del settore delle Tlc sottoscritto da Telecom Italia, come dal contratto integrativo aziendale, ma inserirli nello statuto dell'impresa avrebbe avuto un valore simbolico di riconoscimento della dignità e dei diritti dei dipendenti, nello stesso DNA aziendale, molto più forte.

La stessa resistenza di Tronchetti Provera ad aumentare il numero dei consiglieri di amministrazione, espressione degli azionisti di minoranza, a scapito di quelli espressione dell'azionista di maggioranza non depone favorevolmente sull'adesione del vertice Telecom ai valori della democrazia industriale.

Il problema è che se, nella società e nella politica prevalgono tendenze e modelli elitari ed oligarchici (che tendono a concentrare il potere nelle mani di pochi) anche la diffusione del potere nell'economia e nelle imprese subisce delle battute d'arresto e degli arretramenti.

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Pier Luigi Tolardo

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